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Ulisse 


    Ulisse, figlio di Laerte e di Anticlèa, marito di Penèlope, padre di Telemaco loro figlio, - e anche di Telègono, da lui avuto da Circe - re delle isole di Itaca e di Duhchio. Fu tra i pretendenti alla mano della bella Elena, la quale gli preferì Menelào, senza però, che né Ulisse né altri numerosi aspiranti alla mano di lei ne sebassero rancore al preferito. Che, anzi, si erano già impegnati, con solenne giuramento prestato a Tindarèo padre di Elena, di venire in aiuto, in caso di bisogno, a quello di loro che la bellissima si fosse scelto per marito.

     Ma quando, pel ratto di Elena - che Paride si rifiutava di restituire - si rese necessaria la guerra contro Troia, Ulisse non se la sentì, malgrado l'impegno assunto, di parteciparvi, tanto più che l'oracolo gli aveva predetto che egli ne avrebbe sopportato il peso molto più gravemente degli altri. Per cavarsela, finse di esser stato colto da pazzia. Ma siccome ad Agamennone, che stava raccogliendo l'esercito per la spedizione, la pazzia d'Ulisse parve simulata, così incarcò Palamede - figlio di Nàuplio, re dell'isola Eubèa, e che egli conosceva per guerriero ardito e scaltro quanto Ulisse - di vedere come realmente stessero le cose. Palamede, preso in braccio il bambino Telemaco, lo depose nel solco che il finto pazzo stava tracciando: e siccome Ulisse fu pronto ad alzare il vomere dell'aratro, per non ferire il figlioletto, Palamede, smascheratolo lo costrinse a fare onore, suo malgrado, all'impegno preso. 

    Nella guerra di Troia, con la sua astuzia e la sua assoluta mancanza di scrupoli, Ulisse servì, non meno che con la spada con l'astuzia la causa dei Greci, dotato com'era di una eloquenza persuasiva cui nessuno poteva resistere. 

    Ad Odissèo, od Ulisse che dir si voglia, la tradizione attribuiva azioni non sempre esemplari. Fra l'altro si ricordava di lui d'aver fatto discendere, dalla nave, Filottete, e d'averlo lasciato solo e senza aiuto, nell'isola di Lenno, perché infastidito dal fetore insopportabile che mandava una ferita di lui che non rimarginava, fattagli dal morso d'un aspide. E se, dieci anni dopo, Ulisse tornò a riprenderlo per condurselo a Troia, non lo fece perché fosse punto da un  tardivo rimorso, ma soltanto perché Filottete aveva avuto in consegna da Ercole le infallibili frecce dell'eroe, senza le quali, a detta dell'oracolo, Troia non sarebbe mai stata espugnata.

    Pare che Ulisse, quando parlava, fosse irresistibile, e così, indotto da Diomede a travestirsi con lui da mendico, riuscì a rubare a Troia il Palladio dal quale dipendeva la resistenza della città, dopo aver ucciso Reso e d'aver condotto nel campo greco i cavalli di lui, prima che avessero compiuto le condizioni imposte dall'oracolo. Quando ebbe scongiurato tutto quello che poteva essere d'impedimento alla desiderata fine dell'impresa, Ulisse suggerì ad Epèo l'insidia del cavallo di legno, e provvide all'"imbonimento" del suo diligente allievo Sinòne: e finalmente, Troia cadde.

    Finita la guerra, i guai cominciarono anche per lui; cominciò allora l'Odissea.

ulisse legato all'albero maestro


   L'uomo antico cercava nelle sirene quel dono che esse erano capaci di infondere in un attimo di rapimento: il suono della conoscenza.

    Ma il cammino umano è lungo e faticoso; non è un caso che solo Ulisse, il progenitore della coscienza (perché è il primo ad usare il pronome "io") abbia potuto reggere il peso della nuova consapevolezza sopravvivendone.

    Ulixes (in latino) - Odisséo (in greco), un protagonista che ci mostra un'altra dimensione della forza dell'uomo: una forza non più muscolosa, ma una forza intellettuale che si esprime di volta in volta in capacità di persuasione, intuito vivissimo, astuzia geniale. Ulisse è uomo maturo, un uomo che "molto ha dovuto soffrire e molto vagare"; la sua odissea è l'odissea della vita di ognuno di noi: e tuttavia, con le sole armi della sua mente e lo scudo di un'acuta psicologia, non è e non sarà mai un uomo vinto.


testi tratti dal web


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