vademecum del camminatore

Trekking è uno dei tanti inglesismi che fanno ormai parte del nostro vocabolario e definisce qualcosa che già conoscevamo, insegnavamo e in alcuni casi esportavamo nei paesi che poi ci hanno regalato il termine accattivante con cui oggi lo definiamo. Fare trekking significa fare escursioni in ambiente naturale, non necessariamente in salita e con mille variabili dettate dal livello, dalla durata, dalla compagnia, dalla stagione, dal ritmo, dall’obiettivo e dalle mille altre nostre personalissime scelte. Significa spostarsi a piedi, tornare alla più antica e infallibile tecnica di conquistare le distanze.

Oggi tutti noi viviamo in un mondo dove spostarsi è sinonimo di utilizzo di un mezzo per farlo. Nella nostra furiosa e intensissima quotidianità arriva poi l’estate, la vacanza, il fine settimana con giornate calde e lunghe. E sono sempre di più coloro che hanno cominciato a mettere al centro delle loro scelte una cosa spesso inascoltata, non percepita: noi stessi e la nostra libertà. Evadendo dunque dalle “comodità” molti decidono di tornare all’inizio e riprendono a camminare, a riconquistare quello che ormai consideravano superfluo. Così nell’ultimo decennio si è tornati a praticare l’escursionismo, a scoprire quei luoghi che solo a piedi si riescono a raggiungere e gustare.

Facendo trekking si entra in un mondo a ritmo d’uomo, dove il lento progredire ci dà tempo di ascoltare ed ascoltarci, di guardare e guardarci. Di percepire il nostro battito cardiaco, la qualità dell’aria che ci entra nei polmoni. Il profumo dell’erba tagliata, i rumori di una mandria al pascolo, di un rapace che volteggia nel cielo. Per fare tutto ciò si deve però evitare di esportare le nostre abitudini di città in quota. Il primo sforzo è quello di spogliarci delle nostre certezze e infilare nello zaino una buona dose di buon senso ed umiltà.

Io stesso, nonostante le oltre trenta spedizioni sulle più alte montagne della terra, continuo a sentirmi uno studente e non un professore di montagna. L’alpinismo è stato per me un mezzo e non il fine della mia esistenza. E’ stato il mezzo con cui ho conosciuto me stesso, i miei limiti, la mia vulnerabilità. Ho vinto, ho perso, ho gioito, ho sofferto, pianto, pregato, sognato. Voglio continuare.

Per fare trekking non basta la pur indispensabile attrezzatura ma è bene seguire una serie di precauzioni. Procuratevi sempre una cartina del posto in cui ci si muove e imparate a leggerla. Analizzatela prima di iniziare l’escursione. Informatevi sull’itinerario chiedendo anche della possibilità di trovare acqua, consultando le indicazioni in loco o parlando con le guide alpine. Informatevi sempre sulle previsioni meteo. Non partite mai troppo tardi: i temporali pomeridiani sono frequenti in montagna. Non sopravvalutate le vostre capacità, soprattutto se conducete una vita sedentaria. Avvisate sempre qualcuno delle vostre mete. Scegliete un’attrezzatura essenziale. Consiglio di acquistare e utilizzare materiali leggeri e di avere con sé una pila frontale e un piccolo pronto soccorso.

I ritmi che dovete tenere sono quelli che vi permettono di chiacchierare ed osservare il mondo intorno a voi. Vedo troppa gente con il cuore in gola che guarda l’orologio per battere il proprio record. Io stesso mi alleno correndo in montagna, ma un conto è una seduta di allenamento e un altro una salutare e gioiosa camminata. Un suggerimento per evitare la fretta è quello di portare al collo una macchina fotografica e divertirsi a cercare soggetti per i vostri scatti. Altro suggerimento è quello di non riempire lo zaino solo di cibo, meglio un panino in meno che non avere una borraccia d’acqua. Sappiate che farsi accompagnare da un professionista non è da “sfigati” ma da gente sveglia e accorta. Gli spavaldi finiscono troppo spesso col chiamare il soccorso alpino. Un’ultima raccomandazione. Ricordatevi che la rinuncia non è un limite, ma una virtù, sintomo di maturità e saggezza. Sembra un’ovvietà, ma ho visto troppi colleghi scomparsi sulle alte vette a causa di una cieca ambizione o per non aver dato ascolto alla timida voce dell’ovvio.

di Simone Moro

(uno dei più noti alpinisti italiani, autore di molti libri sulla montagna)

(da “La Domenica di Repubblica” del 06/08/06)

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